?>
  • Home
  • News
  • Il caso Armani.it: quando un dominio scatenò una guerra legale

Il 1997 segna una data curiosa nella storia del web italiano. In quell’anno Luca Armani, artigiano di Treviglio titolare di un timbrificio, decide di registrare il dominio armani.it. Un gesto naturale: era semplicemente il suo cognome. Ma quella scelta si trasformò presto in una delle più note dispute legali della prima Internet italiana.

Internet agli inizi: il principio del “first come, first served”

Negli anni ’90 il web era ancora una “terra di nessuno”. La regola implicita era chiara: chi prima arrivava, registrava.
Così, nel 1997, armani.it diventa il sito di un piccolo laboratorio artigianale. Ma l’arrivo della Giorgio Armani Spa sul web complica le cose: il marchio mondiale non poteva permettersi che digitando armani.it comparisse un timbrificio.

Sei anni di cause e proteste

L’azienda tentò un accordo economico, ritenuto però troppo basso da Luca Armani, che rifiutò.
Iniziò così un contenzioso legale lungo sei anni, che attirò l’attenzione della stampa e del “popolo della rete”, schierato in larga parte con il piccolo imprenditore.

Nel 2003 il Tribunale di Bergamo stabilì che il dominio dovesse passare alla maison: un utente, digitando “armani.it”, si sarebbe aspettato lo stilista, non un timbrificio. Il marchio notorio, quindi, prevaleva sulla regola del “first come, first served”.

La sentenza e la transazione finale

La decisione non si fermò al trasferimento del dominio: Luca Armani fu condannato anche a non usare più “Armani” in domini non differenziati, a pubblicare la sentenza sui giornali e a pagare oltre 13.000 € più IVA, con penali severe per eventuali ritardi.
Seguì la protesta del timbrificio, con tanto di sciopero della fame e ricorsi annunciati. La disputa si chiuse infine con una transazione di 150.000 €, accettata dall’artigiano.

Un caso che fece scuola

Il caso armani.it è rimasto nella memoria come uno dei primi esempi in cui il diritto dei marchi si è scontrato con la libertà (apparente) del web. Segnò il passaggio da Internet come spazio “senza regole” a un ambiente normato, in cui il valore dei marchi e delle identità digitali si imponeva come principio guida.

Oggi, a distanza di quasi trent’anni, quella vicenda resta un monito: un dominio non è mai solo un indirizzo web, ma può rappresentare identità, reputazione e milioni di euro di valore.

portfolio

Non sappiamo stare fermi

Siamo sempre in continuo movimento.

VEDI IL PORTFOLIO >
My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare.